La traversata
Tremilacinquecentometri, quattro bresciani, un genovese importato (sarei io), una brianzola (Silvia) e da contorno altri bergamaschi.

Sono mesi che non mi trovo a queste quote, dopo un breve pasto faticoso per la stanchezza, mi trascino a letto.
Gli altri soci sembrano pimpanti, la Silvia anche lei perfettamente riposata dopo la salita.
Alle nove di sera mi porto a letto, e dopo le solite chiacchiere del tipo politico fantascientifico che mandano in fumo il poco cervello ossigenato rimasto, mi giro nelle coperte.
La quota del rifugio Q.Sella (3500m) inizialmente sembra lasciarmi dormire, forse è la stanchezza. Mi sveglio parecchie volte, fuori c'è una bufera di vento. I miei pensieri sono confusi, l'allenamento manca, il meteo non sembra favorire una buona ascensione sopratutto in cresta, ma la cosa che mi infastidisce di più è il non riuscire a chiudere occhio.
Conto i battiti e il fiato, completamente scoordinati, si sente che non sono abituato alla quota.
Marcello ad un certo punto della notte, forse anche lui non riesce a dormire, apre la finestra, il gelo mi taglia il viso, ma una boccata d'aria mi fa riprendere il sonno. E' l'aria della camera che è soffocante e non la quota!
Il mio sonno si interrompe definitivamente alle 3:00 di notte, guardo i soci tutti stravaccati a dormire, io invece scendo da letto e preparo il tutto, Marcello anche lui è già a buon punto. In sequenza anche gli altri si svegliano, portiamo giù gli zaini, e si fa colazione ogniuno per i fatti suoi come degli automi.
Io sono lento e un rincoglionimento generale mi fa pensare che la fuori sia impossibile percorrere qualche metro. Questo pensiero viene meno non appena finita la colazione, esco e mi preparo. Il vento terribile della notte non è poi cosi fastidioso e la temperatura sotto un pile,e una giacca a vento è sopportabile.
Dopo 1h e più di preparativi, si cerca di partire, la mia lentezza sommata a tutti movimenti preparatori degli altri fa si che si parta alle 4:30.
Lentamente comincia la salita poco ripida sul ghiacciaio, il fiato tiene, si cammina lenti, ogni tanto mi giro e chiedo a Silvia e Marcello se va bene la velocità e come risposta ottengo sempre "bene bene". Menomale perchè più di cosi non riesco a "correre" visto il fiato che ho.
Sono le 6:00 e pochi minuti e il panorama comincia ad accendersi, qui dal passo del Felik si vede il gruppo del Mischabel, e il Castore finalmente dopo lo scorso raduno nebbioso e la nostra cresta ghiacciata.
Qualche foto in attesa dei soci, che sembrano affaticati. Ma appena ci raggiungono l'idea è una sola, proseguire.
Il panorama, nonostante il fortissimo vento mi allevia la mente dal pesante pensiero che prima o poi in salita perderò le forze.
Dopo il pianoro, cominciano le difficoltà, un piccolo tratto di cresta affilata, che ricordo bene perchè lo scorso anno rimasi fermo con i soci per più di mezz'ora per la solita indecisione se proseguire, ma quella volta c'era un tempo da lupi. Oggi invece il cielo è di un limpido blu cobalto.
Dopo la cresta ecco la salita ripida, salgo con calma e precisione, sbagliare un passo e perdere l'equilibrio vuol dire finire giù a Zermatt. La stanchezza e il fiatone prendono per alcuni momenti il sopravvento, mi volto indietro e guardo Silvia e Marcello salire lentamente ma tranquilli e questo mi aiuta. Finalmente raggiungiamo un pezzo più piano dove tiro fiato, ogni salto di quota che supero è come il passaggio di una meta, saremo a 4350m c.a.
In vetta mi fermo e mi sdraio qualche minuto, e la prima volta che mi succede, ho una sensazione di leggerezza, ma non so se è la stanchezza o la felicità di esser lassù. Non è che fossi molto in me.

Quattromilaquattrocentosettantanovemetri, un bresciano, una brianzola, un genovese (importato) e altri tedescofoni intorno

Finalmente sono sul Lyskamm Occidentale, 4479m, non è il posto più alto in cui sia stato ma la vista che si gode da li è meravigliosa. Il Cervino, e il Monterosa io sono in mezzo ai due, ma non ho dato neanche un momento l'occhio al Cervino, l'unica idea e paura era di arrivare dall'altra parte quindi guardavo solo avanti.
Mangiamo qualcosa sono le 8:00,7:30 non ricordo perchè non ho avuto lontanamente per la testa l'idea di leggere l'ora tanto ero fuso.
In accordo con il resto della ciurma continua la nostra traversata, o inizia?
Dalla vetta si scende per un piccolo tratto e qui trovo la mia solita banale difficoltà. Riesco a incrodarmi sul primo masso sporgente, cerco di abbraccciarlo per girarli attorno, ma con insuccesso, allora Marcello passa avanti a me e anche lui con tecnica simile esce dall'altra parte. Un'po di sicure aletorie e prima Silvia poi io passiamo il piccolo "problema".
Tutta la cresta è una semplice via con qualche passaggino di misto, ma a quella quota e con quel paesaggio suggestivo è difficile descrivere le sensazioni di vuoto, i piccoli momenti adrenalinici quando ci si cala tenendosi ad una fettuccia marcia, oppure si inciampa nei ramponi rischiando di cadere giù dalla Nord.
Finita la parte rocciosa si risale sempre in cresta ripidamente, sono le 10:00 tira un vento che sarà a 80/100Km/h ogni tanto mi accuccio per non perdere l'equilibrio. Lungo la cresta e la pronunciata cornice il vento alza la neve e crea dei vortici che ci avvolgono. Sono attratto da come il vento alza palline di ghiaccio che cadono come grandine su di noi facendo rumore, l'unico rumore che si riesce a sentire oltre ai sibili.
La cresta sale verso il sole, fino a cambiare inclinazione, siamo in vetta.

Quattromilacinquecentoventisettemetri, sempre gli stessi di prima, solo un'po più stanchi.

La vetta Orientale, 4527m è eccezionale, la via vista da quassù è elegante.
Mi guardo dietro e qui mi accorgo che ora è tutta discesa, la fatica in questo ultimo pezzo è stata meno (o sembra). Scatto molte foto e vedo i nostri altri 3 colleghi arrivare alla sella prima dell'ultima salita.
La discesa è facile anche se insinuosa, si tratta sempre di una cresta dove è facile scivolare data la pendenza, e la neve comincia a essere molle.
Poco prima di mezzodì arriviamo alla roccia della Scoperta finalmente tiro il fiato, ho perfino caldo, attorno ci sono persone ovunque che salgono dovunque.
Ci riposiamo e aspettiamo che scendano gli altri, si rimangia qualcosa, si parla poco, forse siamo ancora con la mente in cima. Altre cordate sono
tutte sparpagliate attorno, tutti stanchi e contenti della fantastica giornata.
Il rientro a Gressoney è ancora lungo, il caldo e il peso dello zaino con corda e ferramenta diventa poco sopportabile, passato il temibile rifugio Gnifetti e il sentiero attrezzato, le mie spalle hanno cominciato a urlare.

Tremiladuecentosessantametri, 4 bresciani ricompattati, io, Silvia e molta più stanchezza, oltre la sensazione di esserci riusciti.

Il gruppo si scompone spesso, a punta Indren breve sosta per poi proseguire verso il passo Salati passando per lo Stolemberg.
Sono stanco morto, proseguo per inerzia, mi tiro per le corde con la forza che mi rimane, ma sono contento.
Il rientro va da momenti di fatica a momenti di forza e ilarità.
Alle 4:30 circa siamo a Gressoney a berci la solita birra di rito, i nostri visi sono segnati dal vento e il sole fortissimo, oltre che dalla stanchezza, ma riusciamo lo stesso a parlare già di altre mete.

 

Ciao
Mirko
Un grazie a Silvia la mia compagna di avventure che come al solito si mostrata all'altezza nonostante dica, Marcello che va come un Diesel (non si spegne mai) e il resto della compagnia, compreso il componente più "datato" che giusto la settimana prima era sull'Aconcagua.(tanto per gradire)


milleseicentotrentasettemetri, Gressoney, 23 agosto 2004

indietro