Come al solito, la notte prima di una salita di un certo impegno, mi sveglio
tante volte, il sonno non è mai regolare, mi rigiro e
arrivo all’ora di alzarmi prima che suoni la sveglia. Stamattina
provo a fare la solitaria di “di notte la Luna”, per me la via
più difficile del Gran Sasso.
Carico come un portatore himalayano salgo al secondo pilastro
dell’Intermesoli, il tempo è buono ed io sto bene. Fatico
come una bestia per salire il canale che porta all’attacco e,
quando arrivo alla clessidra dove inizia la via, mi dico:”Il
più è fatto”.
Sul primo tiro sono un po “legato”, ma è ben scalabile,
faccio sosta senza concatenarlo al secondo, devo ancora entrare
in “sintonia”, meglio fermarsi.
Secondo tiro senza problemi, passo dritto anziché traversare,
mi sembra meglio, continuo concatenando il terzo. Ho un po di
“ripensamenti” sul passo obbligatorio, dato 7°+… ma poi
mi faccio coraggio, vado e dopo mi dico “Che ca77ata”. Sosta
e riparto per il quarto e quinto, che unifico, sono facili e
mi sbrigo in fretta. Arrivato alla sosta decido di continuare
per il sesto senza fermarmi. Arrampicando in solitaria, uso
una corda da 70 metri, questa è fissa e non ha problemi
di scorrimento, se il materiale è sufficiente si possono
fare tiri lunghissimi.
La lunghezza è tutta in obliquo, a salire non mi da
problemi, ma a scendere faccio fatica a sganciare, figurarsi
a risalire…così faccio un pendolo notevole, che non sarà
l’ultimo!
Attacco il tiro chiave. Traverso alla clessidra con il cordino
dei primi salitori. E’ completamente sfilacciato… mi ci appendo
e combatto un po per metterne uno buono, senza togliere quello
vecchio. Arrivo all’unico spit della via, messo davvero in basso
rispetto al tratto difficile. E’ questo il tiro che crea problemi
ai ripetitori, tutti soffrono molto ad allontanarsi dallo spit.
Seba, quando l’ha salito è stato bravo… me lo immagino,
ormai a qualche metro dalla protezione, andare all’avventura
su terreno sconosciuto, pregando il dio degli alpinisti, di
fargli trovare un buon appiglio, che in effetti si fa desiderare..
Io opto per l’artificiale, ormai ho un po di esperienza con
questa tecnica delicata. Saluto lo spit e proseguo su due ganci,
poi pianto (si fa per dire) un micro chiodo (fatto artigianalmente)
di un centimetro e mezzo, con una punta sottile e affilata.
Entra in un buchetto, non tutto, ma fa leva sul bordo, “dovrebbe
tenere”. Continuo su un terzo gancio e metto un secondo micro
chiodo, questo non mi da nessuna fiducia, è a testa in
giù e provarlo non è facile…sto su un gancio.
Mi faccio coraggio e, con un po di tremarella alle gambe, lo
carico. Non trovo buchi buoni per niente, sono un po in affanno,
mi chiedo che accadrebbe se il chiodo uscisse… penso a Patrizia
e Giuliana, sarei un bell’egoista se mi facessi male, devo essere
un po scemo (ed un po lo sono, se no non sarei qui). Provo a
mettere tre chiodi nello stesso buco, sono appena incastrati,
cerco di aggiungerne un quarto e tutti e tre rimbalzano in fondo
al canale. Riprovo con misure diverse, ne vola un altro… basta,
il buco è troppo poco profondo. Allora cerco la possibilità
del gancio. Cerco una ruga degna. C’è un buchetto piatto,
non è il massimo, posiziono il gancio e gli do un paio
di martellate. L’acciaio del gancio fa un sottile segno sulla
roccia che permette un po di stabilità. Carico la staffa
e salgo, ormai arrivo al chiodo che abbiamo lasciato durante
la ripetizione. Appena lo carico si piega in giù… Marco,
dopo che aveva cercato di toglierlo, non lo ha ribattuto...
quando torna dalle ferie gliene dico quattro. Ma tiene e passo
di corsa, sono fuori dal tratto duro.
Continuo il tiro e mi sento leggero, contento di essere ancora
intero, perplesso per quello che faccio. Mi domando sempre che
senso abbia, ma credo che sia inutile. Anche se a caldo mi possono
venire “sani” dubbi, quando sono alla base della parete e ancor
di più a casa, ogni remora sparisce e già progetto
la prossima salita.
Ora la via è decisamente più facile e non ha
storia, continuo stanco verso l’uscita.
Facendo il minimo rumore passibile, anche questa è fatta,
da ‘sta mattina ho fatto una sola esclamazione, quando mi sono
caduti i chiodi, per il resto … silenzio. Ma dentro di me quanti
discorsi, domande, imprecazioni, ”preghiere”…che affollamento.
Roberto Iannilli
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