Nevicava da due giorni, fitto e senza interruzione,
quel 19 marzo
1951. Ormai le strade non si vedevano piu', i cavalli affondavano
fino
alla pancia, era difficile uscire di casa e le tracce aperte
poco
prima erano ben presto ricoperte da uno strato spesso come un
piumino.
Era neve pesante, bagnata, neve primaverile. Il nonno inquieto
passava
da una finestra all'altra della sua bottega da calzolaio a guardare
il
cielo che continuava a rovesciare sulla valle fiocchi grossi
come
cuscini.
Ogni tanto dal bosco dietro casa arrivava il rumore di un abete
che
cedeva sotto il peso, il ciliegio nel prato aveva perso il ramo
piu'
bello. No, cosi' non andava: troppa neve, troppo pesante, troppo
tardi.
All'alba del terzo giorno con uno schianto crollo' il tetto
di casa.
Nel silenzio seguito al cataclisma si cominciarono a sentire
voci per
il paese: *Sveglia, popi, e' vegnu' gio' el coert dei Scarpolini!*
Tempo un'ora davanti a casa c'era tutto il paese: donne per
dar na man
uomini con gli attrezzi da boscaiolo, il parroco, il sindaco,
i
pompieri. Chi a cercare di salvare il salvabile, chi a procurare
la
legna per le travi, chi a sgrossarla con l'accetta, chi a tagliare
le
scandorle per fare le tegole, lo zio *lezu'* a progettare il
tetto
nuovo, le donne a mettere sul fuoco pentoloni di caffe' de orz
col vin
per scaldare gli operai, la nonna ad infornare pane, mamma,
giovanetta, a fare la minestra d'orzo per tutti. E il cielo,
quel
maledetto, a tirare fuori il piu' caldo dei soli primaverili.
Per farla breve in capo a 15 giorni la nostra casa ebbe il
piu' bel
tetto del paese: grande, enorme, strano, troppo pendente, sbilenco,
bellissimo.
La maggior parte di quegli uomini non c'e' piu', non c'e' piu'
il
nonno, non c'e' piu' la nonna, non c'e' piu' il Paolin Sartor,
il
Gildo, el vecio Borela; ma ancor'oggi, guardando il paese dall'altro
versante della valle o da una delle montagne di fronte il tetto
della
solidarieta' si riconosce a colpo d'occhio.
Mi e' tornata in mente ieri questa storia raccontatami tante
volte,
guardandolo dall'alto il nostro tetto storto, fra le ultime
vestigia
di quello che era un paese di montagna.
by CatW - Moscone Bianco
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