Come tenere la piccozza
di Emanuele Cinelli
dipende!

La regola recita: "la becca dev'essere sempre rivolta al pendio, quindi in salita becca avanti, in discesa becca indietro".

A mio parere, però, solo in caso di progressione diretta la regola è applicabile senza considerazioni supplementari.

Quando si procede fianco al pendio, sia in salita che in discesa, la mia personale esperienza nonchédiversi esperimenti fatti con gli allievi e gli amici mi hanno suggerito alcune osservazioni e portato ad assumere un atteggiamento non così assolutistico.

La posizione della becca dev'essere tale da consentire una manovra di autoarresto il più rapida possibile.

Ma qual'è la manovra di autoarresto opportuna?

Può bastare appoggiare la becca sul pendio o devo ricorrere alla vera e propria manovra di autoarresto?

Beh, dipende dall'inclinazione del pendio, dalla sua copertura (neve molle, neve dura o ghiaccio), dalla pericolosità del pendio (dislivello e distanza prima del piano, presenza di crepacci o rocce scoperte, eccetera) dall'esperienza della persona, dall'essere o meno legati, dalla causa della caduta (inciampo o scivolata).

Allora come la tengo sta benedetta piccozza nella progressione diagonale?

Quando procedo slegato qualsiasi sia il pendio e il tipo di copertura preferisco non pensare nemmeno alla possibilità di un immediato arresto semplicemente appoggiando la becca sul pendio, ma mi tengo pronto per la manovra di autoarresto (quella che prevede di impugnare la picca con ambedue le mani, girarsi e premerla con il corpo tanto per intenderci), quindi becca all'indietro sia in salita che in discesa, in tal modo portando alla mano libera il manico della picca, la becca viene a trovarsi rivolta verso il pendio, pronta per l'autoarresto.

Quando procedo legato su ghiaccio o neve gelata, in salita becca avanti, in discesa becca indietro. In questa situazione, infatti, la corda potrebbe rendermi difficile se non impossibile praticare l'autoarresto, è quindi più importante che ogni membro della cordata abbia la picca nella condizione migliore per essere piantata nel terreno e trattenere il colpo a fine scivolata, chi cade non deve far nulla confidando nei compagni. La corda ovviamente dev'essere tenuta distesa e la distanza tra le persone opportunamente mediata in modo che ci sia il tempo di reagire ma senza consentire un sensibile incremento di velocità, quindi rientrano in gioco i fattori di pericolosità e inclinazione del pendio.

Procedendo legati su neve molle o compatta la picca verrà piantata verticalmente, quindi la posizione della becca è ininfluente.

La paletta?

Salvo che in presenza di neve molle, dove peraltro già lo zaino o il peso del corpo provocano l'arresto dopo pochi metri di scivolata, risulta inutile per l'autoarresto:
- difficile da far penetrare nella neve dura, impossibile in quella ghiacciata e nel ghiaccio,
- anche ammesso di riuscire a farla penetrare nel terreno, la forte resistenza provoca un arresto improvviso della picca, la persona prosegue nella scivolata e riceve un forte colpo sugli arti con probabile perdita della presa, e non sperate nella dragonne, può sfilarsi, e comunque il colpo da questa provocato, a parte l'eventuale lussazione della spalla, sfila la paletta, non più pressata dal nostro corpo, dal terreno.

L'arresto dev'essere dolce e la frenata continua.

Emanuele Cinelli
3 luglio 2002