Questo scritto si pone come obiettivo la soluzione
dell'annosa questione: il Ravanage è assoluto o relativo? Ovvero, il Ravanage esiste per se, come entità pura, oppure il ravanare implica necessariamente l'esistenza di, e l'esulazione da, un percorso prestabilito? Orbene, partendo da punti fermi ed universalmente riconosciuti, quali :
frutti di una lunga ed approfondita ricerca scientifica del mio illustrissimo collega Mirkus Helveticus, i quali costituiscono i capisaldi dell' Ars Ravanandi, si può notare il continuo ed innegabile riferimento ad un sentiero (vedi *Scala di difficoltà. Ravanage*, REF, REM, REC, et cetera), ad una cartina (vedi *l'uso delle carte nel ravanage*, punti 1 e 3; vedi anche tutte le *Leggi del ravanage con cartina*, e, infine, il *Corollario sull'uso quatistico delle mappe*), e ad un percorso (I° Legge del Ravanage Relativistico). Da queste inconfutabili Leges Ravanagi si deduce necessariamente
che la presenza di un percorso prestabilito è essenziale per l'esistenza
stessa del Ravanage! L'esistenza fisica di una cartina viene, quindi, equiparata ad un'idea puramente mentale di un teoretico percorso *da seguire*, ed entrambe sono riconosciute entità che permettono al Ravanage di verificarsi. Elucidato codesto concetto, viene naturale chiedersi cosa renda il Ravanage diverso dal mero perdersi. Orbene, mentre il perdersi è frutto di ingenuità, e la sua essenza è caratterizzata da un'aura di sprovveduta innocenza, il Ravanage è frutto di una scelta, di una consapevolezza, di una volontà, oserei dire una sottile perversione. Ed è proprio in ciò, che il Ravanage aiuta l'Homo ISMens a meditare su sé stesso ed il mondo, esplorando, ad ogni spinoso arbusto, i confini tra conscio ed inconscio, fato e libero arbitrio, innocenza e perversione, dolore e piacere. Umilissimamente Vostra, Helena Angulus Glareosus |